ARRIVANO I CAMALDOLESI

Paolo Uccello
Paolo UCCELLO - EPISODI DI VITA EREMITICA - 1460

Fin dal 1573 sei sacerdoti si occupavano della celebrazione delle Sante Messe nelle ore canoniche, ma i bisogni del Santuario crescevano, i pellegrini e i fedeli si moltiplicavano tanto che l’officiatura delle Messe non poteva più svolgersi con regolarità; fu così che si giunse alla risoluzione di affidare il Santuario ai Padri Camaldolesi che da parte loro ne avevano fatta solenne richiesta alla Città e al Vescovo. Il documento con il quale padre Faustino Tedeschi, procuratore della Congregazione Camaldolese e primo Abate del monastero, si rivolse al Magnifico Consiglio di Verona è passato alla storia come “La richiesta di Fra Tedeschi”. 

I Padri Camaldolesi si stabilirono così a Madonna di Campagna, era il 28 febbraio 1596. Al loro arrivo trovarono un santuario e cinque-sei case diseguali che furono il primo nucleo dell’antico monastero. In esse svolsero la loro vita comunitaria, dedicandosi intensamente al culto e alla devozione della Madonna, all’accoglienza dei pellegrini e al servizio liturgico. La prima comunità di frati era composta da un Abate, dieci monaci e un converso, che dovevano sostentarsi con i cinquecento Scudi Romani concessi loro dal Pontefice Clemente VIII il 7 luglio del 1596. Va riconosciuta ai Camaldolesi un’attenzione particolare alla conservazione del tempio e del monastero, con continui restauri ed interventi. Inoltre instaurarono rapporti di comunione con la natura circostante, le loro case, ma soprattutto con le economie e le società locali di cui diventarono punto di riferimento. Dovettero gestire i non sempre facili rapporti con i Governatori del Magnifico Consiglio di Verona; affrontarono denunce e accuse di negligenza nel servizio della chiesa da parte dei cittadini di San Michele e dei pellegrini (Basilio Finetti “Monografia della Madonna di Campagna in San Michele Extra. Verona”).

Essi subirono inoltre le conseguenze di terremoti, inondazioni, della famosa peste del 1630, carestie, fame, siccità e saccheggi.

Esercitarono attività agricole e la coltivazione del gelso per diffondere la bachicoltura, allora assai redditizia.

Realizzarono opere infrastrutturali come la stradella che da Zevio conduceva a Madonna di Campagna e recuperarono terre agricole abbandonate rivitalizzando l’economia della zona ridotta ormai alla sussistenza.

Nel 1755 l’allora Generale Abate, Don Giovanni Ipsi, abbozzò l’idea di rifare ex-novo il monastero e suo fratello Gregorio Ipsi, abate a Madonna di Campagna, la realizzò sette anni più tardi. Tale costruzione, purtroppo, fu a disposizione dei religiosi solo sedici anni perché essi furono costretti ad abbandonare il convento di Madonna di Campagna l’8 marzo 1772, in seguito ad un decreto della Repubblica di Venezia, datato 12 settembre 1771, che sopprimeva i piccoli conventi e monasteri.

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