Quando
nell’anno 1563 si concluse il Concilio di Trento, dopo
parecchi anni e diverse vicissitudini, la Chiesa cattolica
trovò nuovo impulso per riorganizzare le sue strutture e
ridare vigore alla fede dei credenti. In modo particolare si
riformularono alcuni aspetti dottrinali e disciplinari, si
dedicò notevole attenzione alla liturgia ed al modo di
coltivare la spiritualità, si stabilirono criteri per la
formazione del clero (istituzione dei seminari) e per
l’elezione dei vescovi e del papa. Il movimento di
“riforma”, che animò il Concilio che ne
conseguì, fu chiamato “Controriforma”
per evidenziare le misure messe in atto dalla Chiesa Romana per
arginare la spinta del “protestantesimo” (Chiese
della Riforma) che aveva diviso l’Europa nel ’500.
Un ruolo decisivo per la riuscita della Controriforma fu rappresentato
dai nuovi ordini religiosi, tra cui i Carmelitani ed i Gesuiti, che
evidenziarono i valori della meditazione e della contemplazione:
Sant’Ignazio di
Loyola in particolare, nei suoi celebri
“Esercizi spirituali”, invitava i fedeli a crearsi
le “rappresentazioni” degli avvenimenti biblici,
evocando agli occhi dell’anima i paesaggi ed i protagonisti
della Storia della Salvezza, cercando di immaginarsi le scene narrate
per interpretare un proprio ruolo all’interno di esse.
Gli scritti di Sant’Ignazio e l’impegno missionario
della Compagnia di Gesù da lui fondata, ebbero una grande
influenza sulla formazione spirituale dei cristiani dal ’500
in poi. Gli storici dell’arte riconoscono che i loro effetti
si riscontrarono in modo determinante anche nel mondo degli artisti.
Per via del suo appello alla facoltà immaginativa questa
spiritualità si prestava bene a tradursi concretamente in
opere d’arte: ne abbiamo splendide testimonianze
nella
pittura del periodo barocco del ’600 e del ’700.
Soprattutto, però, bisogna ricordare che alla questione
delle rappresentazioni religiose, e quindi all’arte sacra, lo
stesso Concilio di Trento aveva dedicato la sua venticinquesima ed
ultima sessione, per disciplinarne la pratica e limitare gli eccessi
devozionistici. Trattando del culto dei santi e della venerazione delle
immagini sacre, vennero prese alcune decisioni normative. Gli
orientamenti del Concilio poi, per opera di diverse
eminenti
personalità ecclesiastiche, furono tradotti in manuali
contenenti una serie di indicazioni dettagliate, indirizzate agli
artisti. Tra i principali vanno menzionati i trattati del Gilio, del
Molano, del cardinal Paleotti e del Borromeo.
Anche se non vennero mai riconosciute come norme dal valore canonico,
non va dimenticato che questi orientamenti assunsero un ruolo spesso
decisivo fino al punto che, in Spagna, il Tribunale
dell’Inquisizione si avvalse del contributo di artisti
“sorveglianti” (es. Pacheco) e che a Venezia
è passato alla storia il processo che coinvolse Paolo
Veronese per la sua Ultima Cena /Convito in Casa di Levi.